Mi'mpegno

Ricostruire non dimenticando la solidarietà. MI’mpegno riflette con i protagonisti

La pandemia ci ha posto e ci pone problemi e criticità di una imprevista gravità. Ma Milano da sempre ha saputo, e dal basso, formulare soluzioni, immaginare strade e creare reti proprio per fronteggiare emergenze come queste. Forti di questa convinzione, MI’mpegno ha riunito alcuni dei protagonisti più attivi del mondo milanese, che a partire dal mondo della solidarietà e delle professioni, a partire dalla loro attività negli ultimi due anni, hanno qualcosa da dire.
Guidati da Carmelo Ferraro, da sempre carismatica guida di MI’mpegno, Marcella Caradonna, Presidente dei Commercialisti Cattolici, Mario Furlan, Presidente dei City Angels, Luciano Gualzetti, Direttore della Caritas diocesana e Lucia Rizzi, Presidente di ANAPIC (Associazione Nazionale Amministratori Professionisti Immobili e Condomini), hanno analizzato le complessità di questo periodo di transizione e immaginato risposte.
Marcella Caradonna ha posto l’attenzione sull’importanza del lavorare tutti insieme mettendo a fattor comune le associazioni e le competenze presenti a Milano, che spesso non vengono valorizzante dalle istituzioni. Come esempio, ha citato la collaborazione fra Commercialisti ed ANAPIC, il cui presupposto è l’importanza del condominio come centro di relazioni e vicinanza a chi è in difficoltà.
Ha infine evidenziato la necessità della presenza di una cultura della solidarietà, nella complessa attività del legislatore di questi tempi.
Luciano Gualzetti ha sottolineato che la pandemia ha aperto un problema nuovo: molte persone che prima di essa riuscivano a stare a galla sono affondate. Ma sono emersi problemi altrettanto sistemici: molte case si sono rivelate improponibili per accoglier tutta la famiglia e la violenza domestica è esplosa.
Insomma, la pandemia ha fatto emergere mille contraddizioni. Oggi siamo ad un bivio: la crisi può peggiorare o migliorare la società.
Non abbiamo ricette certe, ma sappiamo che alcune strade sono necessarie: la scuola, ad esempio, deve tornare ad essere ascensore sociale; abbiamo imparato che siamo fragili e non possiamo illuderci di poter guarire ad ogni costo; bisogna costruire una prospettiva in cui si sia capaci di curarsi vicendevolmente perché anche chi è solidale ha bisogno di cura. Gualzetti ha aggiunto che il limite del terzo settore è stato quello di accontentarsi delle prestazioni, confuse con le soluzioni: ma la soluzione vera è fare uscire dalla povertà anche con le proprie gambe, facendo diventare le persone protagoniste del loro riscatto e cittadini a tutto tondo della comunità che prima li aveva esclusi.
Durante la pandemia, ed è un fatto straordinario, queste stesse persone, uscite dalla situazione difficile, sono tornate per fare i volontari, a restituire quanto hanno ricevuto, perché hanno riconosciuto che la dignità è completa quando si dona.
Lucia Rizzi ha rimarcato che la crisi economica ci ha insegnato come il futuro si possa affrontare in maniera positiva solo se si agisce con azioni e professionalità. Ha riferito di aver agevolato la nascita di gruppi di solidarietà nel condominio: una risposta concreta per anziani e fragili. Inoltre ha voluto fortemente uno sportello per affrontare la piaga del sovraindebitamento. Quindi un ultimo appello: offrire solidarietà e dare supporto a quanti non hanno una casa e vivono all’aperto.
Mario Furlan, dopo un accorato apprezzamento per l’attività di M’impegno, da sempre protagonista di iniziative che aprono la mente e il cuore, ha aperto il suo intervento con una domanda: “Siamo usciti più buoni dall’epidemia?”. La risposta non è incoraggiante: purtroppo l’epidemia ha reso peggiore buona parte delle persone; non “più cattivi” ma lontani gli uni dagli altri: “Prima sorridevi e davi una mano, oggi la gente si tira indietro: sono cresciti la diffidenza e il sospetto per l’altro”.
Tutti, ha spiegato Furlan, sono più incerti e insicuri rispetto al futuro, a partire dai più deboli. Il nostro compito è di dare sicurezze come hanno fatto i City Angels.
L’invito conclusivo dei partecipanti è di essere “diversi” alla fine della pandemia, capaci di fare maggiormente rete, ma soprattutto di fare politica alta perché nella nostra società si creino le condizioni per una vita dignitosa dei più fragili.

Marcello Menni

           

Giuseppe

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