L’esperienza di essere ignorati in presenza degli altri è nota con il nome di ostracismo. Si tratta di un fenomeno che si verifica comunemente nell’arco della nostra vita in diversi contesti e a diverse età. Esso influisce negativamente sui bisogni psicologici fondamentali e induce cambiamenti fisiologici e comportamentali negli adulti.
Il nuovo studio “You can’t play with us: First-person ostracism affects infants’ behavioral reactivity” ha permesso di arrivare a un risultato importante. E’ emerso infatti che anche i bambini di soli 13 mesi sono sensibili all’ostracismo e reagiscono in modo diverso quando vengono inclusi o esclusi in situazioni sociali. La ricerca è stata condotta presso il Bicocca Child&Baby Lab dell’Università di Milano-Bicocca, e appena pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Child Development.
GLI STUDI
Nel corso degli ultimi vent’anni, diversi studi si sono occupati di comprendere le dinamiche alla base dell’ostracismo. A oggi sappiamo che a partire dall’età scolare, l’essere esclusi da situazioni sociali possa influenzare i bisogni psicologici di base quali il bisogno di appartenenza e l’autostima. Le conseguenze riguardano cambiamenti fisiologici come l’accelerazione del battito cardiaco. L’ostracismo può altresì modificare i nostri comportamenti. Ci consente nello specifico di adottare atteggiamenti prosociali o antisociali a seconda della situazione.
Come e quando emerge questa precoce sensibilità all’esclusione sociale? Per cercare di rispondere a questa domanda, il gruppo di ricercatori coordinato da Ermanno Quadrelli, docente di psicologia dello sviluppo e psicologia dell’educazione, ha condotto uno studio accurato.
Il fine era quello di esaminare gli effetti dell’ostracismo sul comportamento di bambini di 13-14 mesi.
Il tutto si è svolto grazie a un finanziamento della Commissione Europea tramite un bando Marie Sklodowska-Curie Innovative Training Network (Progetto MOTION).
In particolare i bambini venivano coinvolti in un gioco con una palla insieme a due sperimentatori. Durante il gioco potevano essere inclusi, ricevendo e passando la palla in modo equo con gli sperimentatori, oppure ostracizzati, venendo ignorati dagli sperimentatori ed esclusi dal gioco dopo i primi due passaggi.
Il comportamento dei bambini veniva registrato per consentire di valutare in maniera dettagliata le espressioni facciali, vocali e posturali degli stessi durante le diverse fasi dell’esperimento.
I risultati ottenuti hanno dimostrato che i bambini ostracizzati mostravano una minor quantità di comportamenti a valenza positiva, quali sorrisi e risate. Mostravano invece in misura maggiore espressioni emotive negative, come pianto ed espressioni di rabbia, rispetto a quelli inclusi.
Inoltre i bambini esclusi si mostravano molto più attenti al gioco. Osservavano più a lungo la palla e/o i giocatori, e ricercavano l’attenzione degli altri giocatori, verosimilmente in un tentativo di essere re-inclusi nell’interazione sociale.
Questi risultati rivelano per la prima volta che, già a partire dai 13 mesi di età, i bambini sono sensibili all’ostracismo, manifestando una risposta comportamentale in linea con quanto osservato in bambini più grandi e negli adulti. I dati raccolti forniscono poi nuove informazioni sullo sviluppo delle abilità di interazione sociale in prima infanzia. Allo stesso tempo evidenziano come la sensibilità all’esclusione sociale negli adulti affondi le sue radici nei primi mesi di vita.
I dati di ricerca indicano un aspetto fondamentale: essere persistentemente ignorati dai coetanei a partire dalla scuola materna può comportare reazioni di insoddisfazione in classe fino a compromettere le prestazioni scolastiche.
«Adottare una prospettiva evolutiva e studiare gli effetti dell’ostracismo fin dalla prima infanzia consente quindi non solo di ampliare le conoscenze sullo sviluppo sociale nei primi anni di vita. Mette anche in evidenza la necessità di intervenire precocemente per contrastare l’ostracismo e promuovere un ambiente inclusivo sin dai primi anni di vita. In questo senso, la creazione di programmi educativi e di intervento mirati a favorire l’integrazione sociale e a sviluppare abilità di adattamento socio-emotivo potrebbe contribuire a mitigare gli effetti negativi dell’ostracismo sui bambini e migliorare le loro prospettive di successo accademico e di benessere sociale», sostiene Ermanno Quadrelli.
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