Comunicato stampa.
Cinque anni fa, l’Italia entrava nell’incubo della pandemia da Covid-19. Il primo caso fu identificato all’ospedale di Codogno, trasformando in poche ore un piccolo pronto soccorso in un campo di battaglia. In quei giorni frenetici, infermieri e medici si trovarono ad affrontare una sfida senza precedenti, con risorse limitate e protocolli incerti, mettendo a rischio la propria vita per salvare quella degli altri.
La testimonianza di Cinzia Rocchetto, raccolta in una recente intervista, riporta alla luce il peso di quei momenti. “Quando sono arrivata in ospedale quella mattina, non volevo credere ai miei occhi. Ho visto colleghi con tute bianche, mascherine, visiere, mentre io ero ancora con la mia borsa rossa, come se nulla fosse. È stato come entrare in un film apocalittico” ha raccontato l’infermiera del pronto soccorso di Codogno, ricordando il momento in cui ha realizzato che la sua vita sarebbe cambiata per sempre.
Il suo racconto è un pugno nello stomaco: “Non avevamo idea di cosa stesse succedendo. I pazienti arrivavano uno dietro l’altro, molti con problemi respiratori gravissimi. Ci siamo trovati a dover prendere decisioni difficili senza sapere ancora cosa fosse il virus e senza avere i mezzi adeguati per proteggerci.”
“Abbiamo lavorato con dispositivi di protezione minimi, senza sapere bene cosa stessimo affrontando. Ricordo il primo paziente intubato davanti ai miei occhi. Era il nostro collega anestesista a farlo, con la tuta bianca e la visiera, e io ho capito in quel momento che stavamo combattendo contro qualcosa di sconosciuto e devastante.”
Ma la cosa più amara è che oggi, quei sacrifici sembrano dimenticati. Il personale sanitario che un tempo veniva chiamato eroe ora viene aggredito nei pronto soccorso, schiacciato da turni massacranti e senza le tutele adeguate. “Non chiediamo applausi, ma rispetto, sicurezza e condizioni di lavoro dignitose” afferma Roberto Gentile, Segretario Generale FIALS Lombardia. “Non possiamo accettare che chi ha dato tutto sia oggi lasciato solo. È inaccettabile che le istituzioni non riconoscano il valore di questi professionisti, costretti a lavorare in condizioni spesso al limite.”
L’assessore alla Sanità della Regione Lombardia Guido Bertolaso, intervenuto a Codogno per l’evento “Tra memoria e futuro”, ha lanciato un duro atto d’accusa sulla gestione della pandemia e sull’attuale condizione dei sanitari: “Abbiamo personale sanitario esausto, perché si porta ancora dietro l’eredità di quegli anni difficili. Funziona così: prima erano eroi, oggi vengono aggrediti nei pronto soccorso. È scomparsa la memoria di quanto hanno fatto.”
FIALS Lombardia apprezza l’assessore Bertolaso per aver avuto il coraggio di dire ciò che molti pensano: non si può dimenticare il sacrificio di chi ha lottato in prima linea. È necessario un impegno concreto per garantire dignità e sicurezza a medici, infermieri e operatori sanitari.
Per non dimenticare. Per non permettere che il passato si ripeta nell’indifferenza.