“Era il 2017 e stavo cercando la strada giusta per aiutare gli altri. Volevo fare un salto di qualità da questo punto di vista. Sotto casa mia c’era una signora senza fissa dimora. Ho iniziato a interessarmi a lei, portandole del cibo. Un giorno è passata una squadra della Croce Rossa Italiana di Cinisello Balsamo e ho chiesto informazioni”.
Parte così il racconto di Maurizio Quattrini, volontario della sezione locale della CRI. Un racconto ben scandito dalle date: “Sono entrato a far parte del gruppo che si occupa dei senzatetto con il ruolo di vice-referente fino al settembre del 2019 quando il Presidente mi ha affidato il coordinamento insieme a Simona Zappa. Non ci siamo mai fermati, nemmeno durante la pandemia”.
In concreto, come si muove il gruppo della CRI?
“Operiamo due giorni alla settimana dalle 19 alle 24. Il mercoledì sera solo nel territorio di Cinisello e il venerdì anche in quello di Milano. A gennaio nella serata di venerdì partirà una seconda macchina per rendere ancora più efficiente l’attività.
Le squadre sono composte da 4 operatori: cerchiamo di mettere insieme due donne e due uomini di età ed esperienze diverse. Siamo volontari: non percepiamo uno stipendio, ma veniamo inquadrati come lavoratori a tutti gli effetti e per mantenere la nostra qualifica dobbiamo effettuare 24 servizi all’anno. Siamo un gruppo coeso nel quale ognuno è pronto a dare una mano, mettendo al centro non l’’io’ ma il ‘noi’”.
Maurizio, che svolge la professione di artigiano in proprio facendo da service, precisa che questo suo secondo lavoro gli ha cambiato la vita. Si capisce bene il perché ascoltando il resto della storia.
Che sostegno ricevono da voi i clochard?
“Nel milanese i clochard non muoiono di fame, ma di tristezza e solitudine sì. Per questo noi forniamo anzitutto un servizio di ascolto per conoscere la vita dei cosiddetti invisibili. Chiediamo quali siano i loro bisogni e li ‘indirizziamo’ perché vogliamo che siano loro a riappropriarsi della propria esistenza. Facciamo da sentinelle avvisando quando necessario le unità di secondo livello: medica, psicologica ed educativa. Naturalmente abbiamo con noi anche il cibo e il vestiario per ogni occorrenza. Il nostro budget è limitato e a volte alcuni beni vengono acquistati dai volontari di tasca propria.
Quale rapporto si è creato con gli “invisibili”?
“Di grande amicizia. Ci aspettiamo in maniera reciproca nei nostri appuntamenti settimanali in quanto il legame è ormai forte. Non manca il dialogo: la maggior parte dei senzatetto è di cultura medio-alta, che pone anche interrogativi profondi. Dato lo stretto rapporto, sentiamo e proviamo dolore per chi non c’è più e per chi sta male, per quanti ad esempio deambulano con molta fatica”.
C’è un episodio in particolare che ti ha segnato?
“Più di uno. Un venerdì ho prestato assistenza a un uomo di circa 60 anni che soffriva di dipendenza, cercando di rincuorarlo e spronarlo: ‘Devi pensare più a te stesso’. Il suo sorriso di risposta faceva sperare. Invece qualche giorno più tardi ho scoperto che l’uomo ha rifiutato le cure ed è morto da solo per strada.
Invece la scorsa estate, durante il violento nubifragio di fine luglio, ha voluto sincerarmi delle condizioni di un senzatetto e lui è rimasto piacevolmente sorpreso nel vedermi, nel vedere che qualcuno aveva a cuore la sua sorte.
La passione di Maurizio è palpabile, si tocca con mano grazie all’entusiasmo con cui descrive ogni aspetto dell’opera di volontariato: “Al venerdì mattina capita di uscire di casa alle 6.30 per andare al lavoro e di tornare all’1-2 di notte dopo il turno per le strade. Sono stanco ma felice: è una stanchezza bella. Voglio ringraziare il presidente Alberto Piccaluga per avermi dato l’opportunità di fare ciò che mi piace, cambiando la mia vita”.
di Giorgio Meroni